TEMI D’AUTUNNO E D’INVERNO 3. Potature

Un giardino.

Lo ricordo come il vero regalo di mio padre in occasione della mia Prima Comunione.

Un bel giardino nuovo di zecca, progettato, ben strutturato in base al luogo, al terreno, alla posizione della nostra casa.

Sono cresciuta insieme a quegli alberi, alle betulle, agli aceri, al sottobosco, ai rododendri, alle magnolie, … che un giorno mi hanno vista partire per esplorare più in profondità il giardino interiore che ognuno di noi si porta dentro, per varcare la soglia di “giardini comunitari”, che traggono vita dal sepolcro vuoto di un altro giardino, ben noto, ma di cui spesso fatichiamo a ricordarne la presenza.

Dalle vetrate di casa osservavo gli arbusti crescere e battere il ritmo delle stagioni. Ricordo la gioia che provavo quando spuntavano le prime gemme in primavera, il rigoglio dell’estate, il lento e progressivo spogliamento dell’autunno, l’effetto dormiente dei rami d’inverno. Era tutto sempre bello, sempre vario, sempre nuovo.

Ma c’era un appuntamento annuale che da piccola attendevo con curiosità: quando quegli uomini esperti si arrampicavano fino in cima, su per i tronchi, e con vigore tagliavano via rami, secchi o verdi, e tutta l’esplosione dell’estate, ormai senza foglie e frutti, veniva ridimensionata trovando nuove forme, nuovi canali di crescita.

Compresi allora che anche la potatura è un’arte che non si improvvisa, che richiede conoscenza, attenzione, capacità di discernere la sforbiciata che serve alla vita, alla fecondità, ai frutti, alla bellezza, all’armonia.

In fondo, molti di quei momenti che noi chiamiamo “prove” e che si affacciano all’improvviso come un colpo secco di accetta, spesso nascondono all’interno la possibilità di lasciarci potare da quello che in noi è diventato così grande da non consentirci di passare per la porta stretta, da non permetterci di crescere più, di progredire, di maturare. Le potature sono azioni contro la nostra innata tendenza a fossilizzare in stati di stallo cronico, di imbucarci in vie senza uscita, di gettare la spugna troppo presto. Se per le piante la potatura è per un di più di vita, per noi è l’occasione per imparare ad amare, per non aggrapparci ai nostri “rami secchi”, illudendoci che possano ancora reggerci. La potatura racchiude in sé un processo di “diminuzione” che lascia intravvedere l’essenziale, quello che veramente conta e da cui è possibile ripartire. C’è un insieme di sofferenze da “potatura” che non possiamo eludere nella nostra vita: ne sono una prova il semplice scorrere degli anni e l’arrivo dell’anzianità, la malattia che ci toglie dal giro di quelli forti, robusti e “fai da te”, e tutte quelle situazioni in cui ci sembra di essere stati incastrati dentro un tunnel di cui non riusciamo mai a vedere la fine. Ci si sente sfiniti, eppure proprio da lì può ripartire la vita. La potatura ci fa male; dire che è necessaria non è un premio di consolazione per rassegnati: è una legge della vita.

C’è anche una potatura che siamo chiamati a operare su noi stessi davanti ad ogni scelta: un percorso di studi anziché un altro; un lavoro anziché un altro; qualcosa che devo fare adesso, …anziché qualcos’altro che posso rimandare. Ogni scelta implica un taglio: incanalare le nostre migliori energie. Il vero dramma è fuggire dalle scelte-taglio e rimanere lì, in una sorta di paralisi, sempre a penzoloni sui nostri rami secchi. Non è un’epidemia che tocca solo i più giovani, ma che può arrivare in ogni età della vita quando non solo non vogliamo scegliere, ma anche quando non vogliamo lasciare tutto quello che abbiamo sempre fatto negli anni addietro (un modo di guardare la realtà, una professione, …) e che pensiamo di poter gestire in “aeternum”. Così non funziona. Se non potiamo, rimarremo giardini d’inverno, magari solo protesi a guardare con un ghigno le gemme degli altri.

Pare che anche Gesù si sia fermato ad osservare i potatori al lavoro dal momento che, prima di addentrarsi nel “giardino della lotta pregata”, mentre sta per affermare solennemente il comandamento dell’amore, si serve dell’immagine della potatura: «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto» (Gv 15, 1-2). Il Padre pota, cioè se ne prende cura, purifica. È la seconda potatura della vite…gli esperti la conoscono: quella che libera da ogni intralcio i grappoli che si stanno sviluppando perché il sole li faccia crescere meglio.

Spesso si sente ripetere il ritornello: “perché il Signore permette questa prova?”

Esiste una certezza in mezzo alle domande che ci colgono alla maniera del biblico Giobbe: il Signore ci chiede di dare ad ogni potatura della nostra vita lo stesso senso che ha dato lui, il “primo dei potati”: ossia perché il tralcio porti più frutto; per uscire dalle nostre quattro mura di cartapesta in cui l’egoismo ci rinchiude e imparare a stare nell’amore; per dare senza calcoli tutta intera la nostra vita; per divenire linfa che scorre fino a strabordare, perché solo così potremo tornare a vedere le gemme a primavera.

È la legge della vita, questa sì, in “aeternum”.

Commenti(8)

  1. Giovanni Leone dice

    Toccante profondo sublime. Scritto mentre Gesù tiene una mano sulla spalla della scrivente e sorride felice. 😊

  2. Francesco dice

    Grazie, grazie, grazie, meditazione stupenda. Buona domenica ed a presto

  3. Rocco dice

    È una bella sensazione sapere di poter essere una vite
    La mia preghiera, di essere una vite fertile.
    Santa giornata a tutti

  4. Teresa Rosaria Urso dice

    Grazie per questa bellissima meditazione. Vi chiedo una preghiera per le mie intenzioni. Vi auguro una santa domenica

  5. Santina Luzzi dice

    Ricordo ancora le mani callose e sapienti di mio padre che potavano le viti e altri alberi da frutta ed io, bambina, gli ronzavo intorno affascinata dai suoi gesti sicuri che con maestria tagliavano i tralci e i rami secchi e gli chiedevo perché. Lui mi rispondeva che era necessario per dare alla vite e all’albero nuovo vigore, nuova vita. Io mi stupivo di questo, salvo accorgermi poi che in primavera era un’esplosione di verde, di ricrescita, di vita, proprio come mio padre mi aveva spiegato!

  6. Anna Maria Cucci dice

    Padre Onnipotente fa’ che con fede riconosca i tralci da potare, per dare i frutti che Tu attendi da me.
    Buona Domenica e grazie per questo bellssimo messaggio

  7. Concetta dice

    Grazie per questa riflessione che mi giunge proprio nel giorno in cui ho deciso nel mio cuore di rinnovare il mio “si” a Gesù crocifisso e abbandonato nella lunga dolorosa prova che da qualche anno sto vivendo in famiglia. Oggi mi sono venute in mente le parole della scrittura :”siamo passati dalla morte alla vita perché abbiamo amato il fratello”.. e mi sono ripromessa davanti a Gesù di non aspettare che passi la tempesta della prova nella mia vita ma di imparare a ballare sotto la pioggia, continuando ad amare, continuando a giocare.

  8. alessia dice

    … così duro e semplice insieme. Forse oggi più che il coraggio ci manca il tempo “da perdere” per osservare gli arbusti crescere dalle vetrate di casa… un tempo che da noi oggi è considerato inutile.

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