Il pane che mangiamo

Tempo di Pasqua; tempo di pane per la vita. I Vangeli ce ne parlano; ce lo offrono; ce lo fanno desiderare…

Non c’è dubbio. Ciò che “mangiamo”, ci trasforma. Il cibo che assimiliamo diventa parte di noi.

Questo non vale solo per il cibo vero e proprio, che tante volte si trasforma in grasso e in chili attorno ai fianchi, ma vale soprattutto per quel cibo che introduciamo in noi attraverso ciò a cui diamo importanza. Ciò a cui attingiamo per nutrire il nostro vedere, il nostro ascoltare, il nostro pensare, diventa anche ciò che trasmettiamo agli altri, a partire dalle persone a noi più vicine.

In una parola: agli altri trasmettiamo le stesse medesime cose a cui noi per primi diamo importanza; di cui noi per primi ci nutriamo.

Ecco allora la domanda: a quale “pane” ricorriamo per saziare la nostra fame interiore?

Ce lo domandiamo, ogni tanto? Preoccupati come siamo che gli alimenti che acquistiamo non contengano ingredienti dannosi alla salute, ci preoccupiamo allo stesso modo di procurarci un “cibo” che ci nutra anche nell’anima, nel pensare, nel formare il nostro giudizio critico?

 

Un pane con tre ingredienti essenziali non dovrebbe mai mancare nella nostra… “dieta interiore”; vediamoli…

Il pane del tempo. Quando una persona ci dona un po’ del suo tempo, ci sta amando. E dare tempo agli altri è dare loro amore.

Che tristezza, invece, quando viviamo gli incontri come contrattempi; come dannose perdite del “nostro” tempo; oppure con la sensazione di recare disturbo all’altro, chiedendogli un po’ del suo tempo.

Il pane del tempo: richiede di rivedere le nostre priorità, riorganizzandole secondo una scala di importanza in cui gli affetti, la premura per le persone con cui viviamo, siano in cima e non in fondo alla lista, dopo gli appuntamenti di ogni tipo che inzeppano l’agenda giornaliera. Riservare il tempo migliore per gli affetti, e non le ultime energie rimaste, al termine di una giornata, ormai scarse e povere in termini di qualità e di quantità.

 

Il pane della attenzione. In ciascuno di noi vibra il desiderio di partecipare quanto viviamo, condividerlo, narrarlo. Ciascuno di noi è un “mondo” che desidera essere preso in considerazione, ascoltato, valorizzato; che si aspetta, anche, consigli di cammino. Il pane dell’attenzione. Da dare e da ricevere; significa che la mia stessa vita è importante e degna di essere presa in considerazione.

Il pane del significato. Siamo tutti mendicanti di senso, cioè cercatori del significato di quanto viviamo. E tutti desideriamo incontrare chi ci aiuti nella nostra ricerca di significato. Non ci accontentiamo della risposta esatta o rintracciabile in “format” precostituiti, ma desideriamo ricevere e comunicare il livello di ricerca di significato che noi per primi stiamo elaborando.

Se la nostra ricerca di senso si muove attorno alla superficie delle cose, attorno alla banalità di significati di cui abbondano programmi televisivi e rotocalchi, anche gli altri ne resteranno contaminati.

Il pane del senso delle cose è il pane più arduo da scoprire e da offrire, perché è quello a lievitazione più lunga: non si offre automatico, ma richiede un lungo “processo di lavorazione”. Il processo dell’interiorizzare di quanto viviamo, del rifletterci su, del dare il giusto peso alle cose, del discernere ciò che è buono e dello scartare ciò che non lo è. Il pane del significato è anche quello più prezioso. Quello che ci fa crescere, formando la nostra interiorità e il nostro pensare, il nostro porci davanti alla realtà in modo da saperci orientare, nella molteplicità di suggestioni che quotidianamente ci colpiscono.

Questo pane dai tre ingredienti essenziali ha un nesso molto profondo con il pane dell’Eucaristia.

Anche nell’Eucaristia infatti Dio ci dona, possiamo dire, il pane del tempo. Egli dà tempo a noi. Piega, in certo modo, la sua eternità e la abbassa fino a renderla a misura nostra, poveri uomini segnati dal limite del tempo e della morte. E Il suo dare tempo a noi coincide con il suo darci vita.

L’Eucaristia è anche il pane dell’attenzione di Dio per noi. Il suo prendersi cura di noi, prendersi pensiero di quanto viviamo; ascoltarlo, accoglierlo nel suo cuore; dargli valore. Noi siamo importanti ai suoi occhi, a tal punto che nulla del nostro vissuto gli sembra irrilevante. Ogni frammento della nostra vita va a confluire in quel pane di vita che, consacrato, si trasforma in un sostanzioso cibo per la nostra anima.

Da ultimo, l’Eucaristia è certamente il pane del senso, del significato. Attraverso l’Eucaristia, il Signore ci insegna a vivere. Ci trasmette il gusto per una vita che non si fermi, banalmente, alla superficie delle cose, ma che sappia scavare, essere sempre tesa alla ricerca del significato profondo delle cose. Di quanto si vive. Chiedendosi ogni volta: è buono ciò che scelgo? A cosa mi porta? Cosa intendo perseguire tramite ciò che scelgo?

Gesù ha scelto la gratuità. A noi non risulta spontaneo essere gratuiti. Ci aspettiamo sempre qualche riscontro dalle nostre azioni. Gratuità, cioè: dare a fondo perduto; riconoscere che ciò che siamo, ciò che viviamo, non è solo frutto dei nostri sforzi, ma è anzitutto un dono che riceviamo. Dono immenso.

Gratuità. È la cifra del vero amore, che non chiede mai il conto di ciò che fa. Che opera in silenzio, senza clamore. Che è contento di “scomparire”, donandosi agli altri.

Imparare a dire grazie. Scambiarci questa piccola, preziosa parola.

 

***

Per un “esame di coscienza”, in uno spazio di tempo da riservarci, al termine della giornata:

  • Di cosa mi sono “cibato” oggi?
  • Quale “pane” ha dato sapore alla mia giornata?
  • Nelle relazioni vissute in questa giornata, ho scambiato con gli altri il pane del tempo; dell’attenzione; del significato?

 

***

O eterna verità, vero amore,

eternità desiderata!

Tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte.

Appena ti conobbi, tu mi sollevasti per farmi capire

che c’era qualcosa che avrei potuto vedere

ma ancora non ero capace di vederlo.

Irraggiando con forza la tua luce su di me,

tu colpisti la mia vista malata

e io tremai tutto d’amore e di timore;

mi accorsi di essere lontano da te,

in una regione diversa

e mi sembrava di udire la tua voce dall’alto:

«Io sono il cibo dei forti:

cresci e ti ciberai di me;

non sarai tu a trasformarmi in te,

come fai con il nutrimento per il corpo,

ma tu, piuttosto, ti trasformerai in me».

S. Agostino, Confessioni, 7,10

Commenti(3)

  1. Carmelina Graziano dice

    Il messaggio che ho percepito dalla lettura dell’articolo, è semplicemente illuminante. Grazie.

  2. P. Francesco Maria dice

    E brave sorelle, che miniera di sapienza per me inesplorata: GRAZIE

  3. Monic dice

    Viviamo per donare e il donare ci nutre di eucaristia e ci fa come Gesù. Grazie della illuminante riflessione.. Camminiando, ringraziamo e doniamoci l’un l’altro il pane della vita.

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