Quaresima: è tempo di ascoltare la voce dello Spirito

Cominciamo con una domanda: Sappiamo ascoltare? Sappiamo ascoltare davvero?

Inizia la Quaresima. Spesso proprio noi cristiani riduciamo la Quaresima a… un fatto di zuccheri: “faccio il fioretto di non mangiare dolcetti durante la Quaresima….”, mentre la Quaresima è un tempo straordinario, in cui ci viene data la meravigliosa possibilità di riposizionarci sull’essenziale. Di ritrovare il centro nella nostra vita. Di buttare via quella zavorra che abbiamo accumulato, specie dentro di noi; abbiamo la meravigliosa possibilità che quel macigno che ci pesa sul cuore venga rotolato via, non certo dalle nostre forze, inconsistenti, ma dalla grazia della Resurrezione.

La nostra fede si basa sull’ascolto. Sull’aver dato ascolto a quell’annuncio straordinario, enorme, “esagerato”: “È Risorto!”. Sì. La vita non finisce sepolta sottoterra; la vita ha un destino ulteriore, tale per cui anche questo nostro corpo, sì proprio questo nostro corpo di carne fragile e deperibile in realtà ha uno sbocco di vita ulteriore: «Credo la resurrezione della carne».

La nostra avventura di credenti ha alla base questo verbo: ascoltare. Noi crediamo, perché abbiamo ascoltato una Parola diversa dalle altre. Una parola che ha tanta forza in noi, da farci rialzare dopo ogni caduta; da rimetterci in cammino ogni volta che ci prende la tentazione di sederci ai bordi della strada; da rilanciare in avanti la nostra vita ogni volta che la crediamo finita, esaurita nelle possibilità. La nostra fede nasce dall’ascolto. Più radicalmente, possiamo dire che sono le parole che ascoltiamo a plasmarci, a lasciare il segno in noi.

Quaresima: è tempo di ascoltare.

È tempo di recuperare questa nostra attitudine. Di recuperarla, per crescere nella misura della nostra umanità. Occorre tornare ad essere ascoltatori attivi, persone che scelgono di ascoltare. Ma l’invito dell’Inno di Quaresima ci dice qualcosa di più: è tempo di ascoltare la voce dello Spirito. C’è un nesso profondo tra la capacità di ascoltare gli altri, il mondo intorno a sé, e la capacità di ascoltare la voce di Dio. Chi non è un buon ascoltatore “a livello orizzontale”, difficilmente è un buon ascoltatore di Dio. E viceversa.

Ascoltare la voce dello Spirito richiede di diventare fini, esperti dei dettagli, attenti anche alle piccole cose che accadono in una giornata; lo Spirito, così sottile, mobile, penetrante, parla attraverso un sorriso; una mano tesa; una parola buona; un invito che ti viene rivolto quando meno te lo aspetti; un gesto di gratuità. Ancora, direbbe Agostino:

«Viene cantato un Salmo: è la voce dello Spirito;

risuona il Vangelo: è la voce dello Spirito;

risuona la Parola di Dio:

è la voce dello Spirito» (Esp. Vang. Giovanni 11,5).

 

Queste indicazioni di Agostino ci ricordano che siamo sicuri di ascoltare la voce dello Spirito quando la ascoltiamo insieme, come Chiesa riunita, in ascolto, desiderosa di essere nutrita dalla Parola di vita che esce dal cuore di Dio.

 

Nel Vangelo, Gesù ci ammonisce: «Fate attenzione a ciò che ascoltate!» (Mc 4, 24): tu, in questo momento, cosa stai ascoltando: le tue paure? I tuoi problemi? Gli appuntamenti che ti attendono dopo? I tuoi risentimenti? Le dicerie della gente? Le chiacchiere? Cosa stai ascoltando: il dolore del mondo? I sogni che premono nel cuore dei giovani? Le domande di tuo figlio, di tua figlia; la voce di tuo marito, di tua moglie? «Fate attenzione a ciò che ascoltate!».

Ma Gesù incalza e aggiunge: «Fate attenzione a come ascoltate!» (Lc 8, 18). Il modo…

Ci facciamo prendere per mano da Agostino, impareggiabile maestro dei luminosi sentieri di Dio, oltre che delle tortuose vie dell’uomo; lui docile e confidente, prestò ascolto a quella parola pronunciata con voce di bambino: «Tolle et lege, Prendi e leggi», e così poté incontrare una Parola che cambiò radicalmente l’orientamento della sua vita. Ci sono parole che ci fanno ricurvi su noi stessi e ci inchiodano al nostro piccolo mondo; ci sono parole che ci svegliano dal torpore di noi stessi, ci fanno aprire gli occhi sul mondo che è ben più vasto del corto raggio dei pensieri autocentrati; parole che ci rendono estroversi. La Parola di Dio ha questa forza, questa potenza carica di vita e di resurrezione. Così fu per Agostino. Che si lasciò raggiungere nel cuore dalla Parola ascoltata. Il cuore non si inganna. Il cuore custodisce il senso della verità. Ecco perché Agostino insiste tanto sull’importanza di ascoltare con il cuore: perché lì torniamo a gustare il sapore delle cose vere.

È attraverso l’ascolto che possiamo recuperare l’unità della nostra persona. Siamo sballottati a destra e a sinistra, presi da mille cose, impegni, incombenze di vario tipo, e tutto questo ci rende persone frantumate, sparpagliate un po’ qua e un po’ là. L’ascolto cercato, voluto, scelto, compiuto con il cuore, pian piano ci restituisce alla nostra unità originaria. A patto che l’ascolto ci trovi attenti, presenti, intenti.

Attenti: con l’animo volto a….

Presenti: presenti con tutta la nostra persona al momento attuale e alla concreata situazione o persona che ho di fronte;

Intenti: raccolti, dediti proprio a ciò che stiamo ascoltando.

 

La fede di Israele ha al suo cuore l’invito, tante volte ripetuto come un comando, sussurrato come una carezza d’amore: «Ascolta, Israele!» (Dt 6, 4 ss). Israele, popolo mio, ascolta la voce del tuo Signore! Ascolta ciò che ho da dirti: sono parole di vita, parole d’amore. Riascoltiamo, a questo riguardo, l’antifona d’ingresso del Mercoledì delle Ceneri: in un giorno così austero, così spoglio, la Chiesa nella sua maternità ha scelto queste parole che introducono la celebrazione eucaristica: «Tu ami tutte le tue creature e nulla disprezzi di ciò che hai creato; tu dimentichi i peccati di quanti si convertono e li perdoni, perché tu sei il Signore nostro Dio» (Sap 11, 23-26). Diamo spazio a queste parole, e permettiamo che ci raggiungano nel cuore, magari anche pungendolo, procurando un segno che lo faccia “sanguinare”: le lacrime, diceva ancora Agostino, sono il sangue del cuore. Chiediamo, in questa Quaresima, che il Signore ci doni di piangere per tutte quelle volte in cui non abbiamo ascoltato la sua parola d’amore e di vita, e invece abbiamo dato maggior credito ai nostri disappunti; alla nostra rabbia; ai nostri rancori; ai problemi tutti e solo concentrati attorno a noi. Quanta vita abbiamo vissuto a metà, sciupato, proprio perché non abbiamo saputo ascoltare altro che il disco rotto dei nostri lamenti, la litania delle cose andate storte. Quanto amore non abbiamo riconosciuto, non abbiamo saputo accogliere…

«Tu ami tutte le tue creature e nulla disprezzi di ciò che hai creato»: il tempo che avremo davanti a noi, questi quaranta giorni benedetti, altro scopo non hanno che di convertirci a questa verità, a questa certezza, in modo che sia più forte dei nostri dubbi; delle nostre perplessità; e soprattutto, in modo che vinca e dissipi la nostra diffidenza nei confronti di Dio. Quella diffidenza che sotto sotto ci alberga dentro, va riconosciuta e consegnata al Signore come il macigno che solo Lui può rotolare via dal nostro cuore.

 

 

 

 

 

Commenti(2)

  1. Silvana dice

    È già mattino inoltrato! Quanti giorni sono trascorsi, compiendo i miei anni,senza mai riuscire ad “ascoltare “veramente… Le emozioni che oggi risuonano nel mio cuore, sussurrate dalla Tua Parola,Signore,attraverso anche questo immenso,gratuito dono delle nostre monache agostiniane, mi riempiono di gioia. E allora dico e ripeto a me stessa “ASCOLTA,Silvana!”dando lode a Dio.

  2. Piera romanelli dice

    Anche per me,oggi , questa lettura e questo ascolto è stato preziosissimo. Spero di poterlo e volerlo fare per tutti i giorni che verranno e per tutti quelli che il Signore mi darà da vivere. Grazie, buon cammino quaresimale in compagnia del nostroSignore. Piera

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