MASCHERINA – 7 maggio 2020
Riprendiamo a incontrarci di nuovo, come cavernicoli che escono alla luce dopo una lunga permanenza nel buio dei loro anfratti. I capelli arruffati, e quelle immancabili mascherine a coprire metà volto. Già, le mascherine… Che nostalgia dei volti nella loro interezza! Quei volti soliti, ora li vorremmo percorrere in lungo e in largo, ritrovando le rughe, i nei, quei dettagli-difetti che li rendono unici e familiari. Ci dobbiamo accontentare.
Portare la mascherina è pesante: ne avvertiamo l’impaccio, ce ne vorremmo sbarazzare in fretta. Però proprio questo “dispositivo di protezione” ci risveglia il desiderio di essere noi stessi, liberi da velamenti e diaframmi. Proprio adesso che siamo vincolati alle mascherine vorremmo recuperare la nostra autenticità; adesso sì che vorremmo andare incontro agli altri col coraggio di mostrare il nostro volto nella sua nudità, senza sentirci obbligati a sostenere sempre la parte del vincente, senza trucchi a coprire e nascondere. Noi, semplicemente…
«Mostraci il tuo volto, Signore!»: è l’invocazione che percorre l’intera Bibbia; noi monache la ripetiamo ogni mattina a nome di tutti.
«Mostraci il tuo volto, Signore», cioè: fa’ che noi sappiamo riconoscere i tuoi tratti di amore e di vita, di cura per noi. Fede è deporre la maschera dell’autosufficienza e della presunzione; è restare semplicemente così come siamo davanti a Dio, in attesa di Lui.
Il nostro volto; il volto del fratello; il volto di Dio: la vita si nutre di queste coordinate. Quanto più sappiamo deporre maschere, tanto più il volto di Dio ci si rende vicino, e l’altro viene riconosciuto come volto fraterno.
Che messaggio, le nostre mascherine!
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