Le parole del Lunedì/ SAPORE

#Ciciarelli di #Carnevale preparati da una nostra Sorella

Di recente, una di noi ha preparato i ceciarelli di Carnevale. Voleva rallegrare la cena che noi Sorelle condividiamo tutte insieme, attraverso quel sapore che lei conosce così bene, sedimentato nella memoria del cuore.

Prima che il risultato degli ingredienti ben dosati di una ricetta, certi sapori sono il concentrato di una storia. Affetti, vicende liete o tristi, collegati ad un piatto ben preciso. Molto spesso, proprio la cura nel preparare il cibo ha la forza di consolare, rallegrare il cuore. Ristoro del fisico e dello spirito.

Al sapore ci si educa. Parla di intere generazioni e ci viene trasmesso con una consegna importante: non perderlo.

«Nonna, tu fai da mangiare antico», disse un giorno una ragazzina che aspettava quei pranzi dalla nonna, per gustare sapori diversi dai cibi iperprocessati che sanno tutti uguale.

Il sapore non è una questione di quantità: non si tratta di riempire frettolosamente la pancia fino a strafogarsi, come a voler colmare un vuoto che ci portiamo dentro. Il sapore è un affetto da degustare lentamente, da godere poco a poco, per coglierne ogni sfumatura.

Il pranzo tenuto in caldo al ritorno da scuola, dove trovavi proprio quel piatto che speravi: parola di amore pronunciata per anni dalla madre, con un’efficacia potente tanto quanto un abbraccio. Forse anche maggiore.

Chi pensa che in Monastero si guardi con sospetto alla buona tavola, si sbaglia di grosso. La penitenza non sta nel non mangiare, tantomeno nel mangiare male. La penitenza è tutta al positivo: i piatti poveri che a turno prepariamo per i pasti comuni, sono l’esito del desiderio di rallegrare le Sorelle attraverso qualcosa di gustoso.

Esiste anche un palato del cuore, e quando è sano, gode del gusto di Dio, inconfondibile.

Ce lo ricorda Agostino: «Esiste anche un piacere del cuore, per cui esso gusta il pane celeste. Che se il poeta ha potuto dire: “Ciascuno è attratto dal suo piacere”, non dalla costrizione ma dal diletto; a maggior ragione possiamo dire che si sente attratto da Cristo l’uomo che trova il suo diletto nella verità, nella beatitudine, nella giustizia, nella vita eterna, in tutto ciò, insomma, che è Cristo. (…) Che cosa desidera l’anima più ardentemente della verità? Di che cosa dovrà l’uomo essere avido, a quale scopo dovrà custodire sano il palato interiore, esercitato il gusto, se non per mangiare e bere la sapienza, la giustizia, la verità, l’eternità?» (Comm. Vg Gv 26,4.5).

L’ultima parola è lasciata ancora ad Agostino:

Quando nei nostri pranzi ci viene servita

una qualche pietanza squisita,

gode il palato di chi cercava il cibo.

Cristo è un cibo che gustano tutti coloro 

che hanno sano il palato dell’uomo interiore.

È un cibo che, inculcando se stesso, diceva: 

Io sono il pane vivo disceso dal cielo.

È un cibo che ristora e non viene meno;

è un cibo che, quando lo si prende,

non si consuma;

è un cibo che sazia gli affamati e rimane intero.

Agostino, Discorso 28,2

 

 

Commenti(2)

  1. Isabella dice

    Ho una vena passione per la cucina, mi piace preparare di tutto, i piatti della nostra tradizione emiliana ma anche di altre regioni. Se sono in vacanza oppure come mi è capitato invece per motivi di salute, non sono soddisfatta finché qualcuno del posto non mi rivela la ricetta originale di questo o di quel piatto tradizionale. Sperimento fino a raggiungere il risultato che mi sono prefissata. Ma ogni piatto parla di me, perché ci metto sempre l’ingrediente essenziale che è l’amore e la cura quando li preparo. Il sapore di casa, io credo che lo portiamo con noi. Un abbraccio a tutte voi e buona settimana

  2. Cinzia dice

    Grazie per questi ricordi, di fanciulle e cuori saziati da una madre insostituibile. Quei pasti dati con semplicissima cura e premura si sono trasformati in alimento per la vita, hanno trasmesso la capacità di discernere ciò che è puro alimento da ciò che è vero nutrimento, soprattutto per lo spirito. E di abbracciare il pane che sazia ma non si consuma.

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